L’affidamento del servizio pubblico locale dopo il dlgs nr. 201 del 2022
Come è noto in data 31.12.2022 è stato pubblicato il dlgs nr. 201, di definizione e regolamentazione delle modalità di affidamento del servizio pubblico locale da parte delle pubbliche amministrazioni.
Invero l’affidamento dello stesso è sempre stato oggetto di acceso dibattito tra coloro che hanno sottolineato la necessità che lo stesso venga ricondotto sotto la mano pubblica e coloro che, viceversa, prediligono un affidamento che si basa sul motto meno stato e più mercato.
Si tratta di uan problematica assai risalente, per lo meno alla unità di Italia, quando si dovette decidere se il servizio di trasporto ferroviario del neonato Regno dovesse continuare ad essere affidato a soggetti privati o essere attratto alla pubblica amministrazione, dibattito culminato con la legge 22 aprile 1905, n. 137 (cd. legge Fortis ed entrata in vigore il 1º luglio 1905).
Ancora, per tornare a periodi più recenti, come non ricordare il dibattito antecedente l’entrata dei socialisti nei governi degli anni ’60 del secolo scorso che vide come condizione la nazionalizzazione della distribuzione dell’energia elettrica.
E’, chiaramente, agli albori degli anni ’90 del secolo scorso che la questione ha trovato nuova linfa, con l’allargamento delle competenze della allora CEE divenuta UE e la necessità di un ritiro dello Stato dalla gestione diretta, riservandosi solo compiti di regolamentazione.
Come detto, il 31.12.2022 è stato pubblicato ed è entrato in vigore il dlgs nr. 201 il quale fornisce un quadro chiari e uniforme circa le modalità di gestione del servizio pubblico locale.
La separazione della gestione dal governo
Uno dei caposaldi della normativa di nuovo conio è l’art. 6, il quale, in coerenza con le direttive europee, prevede una netta separazione tra il governo e la gestione della rete.[1]
L’articolo in esame attua il criterio di delega di cui all’articolo 8, comma 2, lett. c) della legge n. 118/2022 che prevede, tra l’altro, la separazione, a livello locale, tra le funzioni regolatorie e le funzioni di diretta gestione dei servizi e il rafforzamento dei poteri sanzionatori connessi alle attività di regolazione.
In attuazione del criterio di separazione già chiaramente divisato dalla legge delega, l’art. 6 del d. lgs. n. 201/2022 pone il principio di distinzione e di esercizio separato tra funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e funzioni di gestione dei servizi pubblici locali. Viene specificato, in particolare, che il principio si applica a livello locale e non riguarda tutti i servizi pubblici locali ma quelli a rete. Inoltre, in attuazione di tale principio, vengono introdotte una serie di cause di incompatibilità e di inconferibilità tra soggetti cui spettano funzioni di regolazione e soggetti incaricati della gestione del servizio.
Le disposizioni dettate dall’art. 6 rispondono all’esigenza segnalata dalla Corte costituzionale di evitare “la commistione, in capo alle medesime amministrazioni, di ruoli tra loro incompatibili” (Corte costituzionale, sentenza n. 41 del 2013), imponendo la distinzione – sia in via di principio, sia con misure applicative – tra soggetto regolatore e soggetto regolato, soggetto controllore e soggetto controllato.
Secondo la Consulta, nel comparto dei servizi pubblici locali di interesse economico generale sono presenti numerosi operatori nella cui compagine proprietaria sono rappresentati l’ente o gli enti pubblici territoriali affidanti. La Corte costituzionale, nella sentenza richiamata, ha ricordato come l’istituzione di autorità di regolazione indipendenti costituisca un antidoto ai rischi connessi a tale situazione di fatto.
In attuazione del principio di separazione tra regolazione e gestione, il comma 2 dell’art. 6 vieta agli enti di governo dell’ambito e alle autorità di regolazione di partecipare, direttamente o indirettamente, a soggetti incaricati della gestione del servizio. Gli enti di governo dell’ambito (EGA) sono gli organismi individuati dalle Regioni per ciascun Ambito Territoriale Ottimale ai quali partecipano obbligatoriamente tutti i comuni ricadenti nell’ATO ed ai quali è trasferito l’esercizio delle competenze dei comuni stessi in materia di gestione dei servizi pubblici locali.
L’eccezione
Purtuttavia, in distonia con la dichiarazione di principio contenuta nel comma 2 dell’art. 6 citato, una norma transitoria detta delle eccezioni per il servizio idrico integrato e la raccolta dei rifiuti.
Secondo l’art. 33 del dlgs nr. 201, infatti:
1. Ai fini della piena attuazione degli impegni contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’articolo 6, comma 2, non si applica alle partecipazioni degli enti di Governo dell’ambito del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e dell’ambito dei servizi di gestione dei rifiuti urbani di cui all’articolo 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e all’articolo 200, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto.
2. Al fine di consentire l’attuazione di Piani di ambito in via di definizione, l’articolo 6, comma 2, si applica alle partecipazioni degli enti di governo dell’ambito del servizio di gestione dei rifiuti urbani di cui all’articolo 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e all’articolo 200, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 152 del 2006, a decorrere dal 30 marzo 2023. Nei predetti casi, agli enti di governo di ambito si applicano in ogni caso le disposizioni dell’articolo 6, comma 3.
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 147, comma 2-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione in economia o mediante aziende speciali, consentita nei casi di cui all’articolo 14, comma 1, lettera d), è altresì ammessa in relazione alle gestioni in forma autonoma del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, conformi alla normativa vigente.
Come si noterà, il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato utilizzato ancora una volta per introdurre (vistose) eccezioni al condivisibile principio di separazione tra governance e amministrazione, con un eccesso di delega rispetto al legislatore delegante, che non aveva delegato il Governo ad emanare norme transitorie che lasciassero al di fuori, per un periodo limitato, gli affidamenti nel settore del servizio idrico e della raccolta dei rifiuti.
[1] I commi 1 e 2 così recitano:
1. Ferme restando le competenze delle autorità nazionali in materia di regolazione economico-tariffaria e della qualità, a livello locale le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali a rete sono distinte e si esercitano separatamente.
2. Al fine di garantire il rispetto del principio di cui al comma 1, gli enti di governo dell’ambito o le Autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possono direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della gestione del servizio. Non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli enti locali ricompresi nell’ambito
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