La responsabilità solidale tra ente e amministratore
In tema di responsabilità e di azione di rivalsa tra amministratore e ente amministrato nelle ipotesi di responsabilità solidale occorre effettuare una breve disamina, analizzando le relative differenze, tra diritto civile e diritto amministrativo, con innegabili riflessi in tema di responsabilità erariale.
Come è noto secondo il diritto civile si ha una obbligazione solidale ogni qual volta più sono i debitori o più sono i creditori e il creditore può esigere l’intero da ciascuno dei debitori oppure il debitore si libera pagando a uno dei creditori solidali.
Dal punto di vista del diritto amministrativo, anzi della responsabilità amministrativa per violazione di norme preventive di diritto pubblico che prevedono sanzioni, l’art. 6 della legge nr. 689 del 1981 prevede una responsabilità solidale del proprietario in caso di accertamento di una violazione punita con il pagamento di una somma di denaro.
Più precisamente il proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione o, in sua vece, l’usufruttuario o, se trattasi di bene immobile, il titolare di un diritto personale di godimento, è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta se non prova che la cosa è stata utilizzata contro la sua volontà.
Si tratta di una disposizione tesa ad agevolare il creditore che potrà esigere il pagamento dell’importo dovuto in caso di incapienza o di difficoltà nella individuazione dell’autore della violazione.
Pertanto, in caso di contestazione in capo al legale rappresentante di un ente locale di una violazione di norme che prevedano sanzioni amministrative, la responsabilità sarà solidale tra il sindaco, quale legale rappresentante e l’ente, proprietario della cosa con la quale è stata commessa la violazione; sicchè in caso di notifica di una sanzione amministrativa al sindaco, l’obbligazione potrà anche essere estinta dal condebitore solidale, ovvero l’ente.
Si pone, a questo punto, il problema della sussistenza di una responsabilità per rivalsa nel caso di pagamento dell’ente della sanzione contestata al sindaco.
In tal caso occorre tenere presente l’art. 1, comma 1 bis, della legge nr. 20 del 1994, secondo il quale nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità.
Ciò vorrebbe dire che, in caso di spostamento di ricchezza da una pubblica amministrazione ad un’altra, si avrebbe sì una diminuzione patrimoniale di un ente pubblico, ma un contemporaneo vantaggio di altra pubblica amministrazione.
La disposizione che estende la compensatio lucri cum damno ai rapporti tra pubbliche amministrazioni è stata introdotta dall’art. 17, comma 30 quater del d.l. nr. 98 del 2009, convertito dalla legge nr. 141 del 2009.
Ciò premesso, nel caso di sanzioni amministrative inflitte da una pubblica amministrazione ad un’altra, ad un indirizzo restrittivo (vedasi per es. Corte conti Sezione Lazio nr. 164 del 2014), si contrappone un maggioritario indirizzo applicativo (es. Sezione Veneto nr. 700 del 2011) che fa leva sull’oggettività del dato normativo, con conseguente operatività dell’istituto, ferma restando per la Procura contabile la verifica e prova di ulteriori ipotesi di danno.
Pertanto, in adesione al maggioritario indirizzo interpretativo della giurisprudenza contabile, il dato oggettivo dello spostamento di ricchezza da una pubblica amministrazione ad un’altra pubblica amministrazione comporta, ex se, la eliminazione del danno erariale.
Ove mai, però, si dovesse rinvenire una ipotesi di responsabilità, e quindi non applicare l’istituto della cd. compensazione obliqua, occorre fare riferimento al codice civile al fine di perimetrare l’area del danno risarcibile.
A tal fine occorre effettuare riferimento all’art. 2055 del c.c. secondo il quale
Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno
Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.
Pertanto, nel caso di pagamento della sanzione amministrativa da parte del coobbligato in solido ente locale, e di esercizio dell’azione di rivalsa nei confronti del coobbligato solidale (id est il legale rappresentante dell’ente), al fine di superare il limite della uguaglianza delle colpe, occorrerà la prova della grave ed inescusabile colpa del legale rappresentante nella causazione dell’illecito per addossare allo stesso l’intero del danno risarcibile.
Se ciò non si riuscisse a provare, allora scatterebbe l’operatività del terzo comma dell’art. 2055. In tal caso, poiché due sono i condebitori solidali, l’ente locale e il suo legale rappresentante, nei confronti di quest’ultimo il limite risarcibile consisterà nel 50% dell’importo pagato dall’ente anche alla luce degli insegnamenti del giudice di legittimità (Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 20864 del 29/09/2009) secondo cui
In tema di responsabilità di ordine sanzionatorio amministrativo negli enti locali connessa alla violazione delle norme che l’ente è tenuto ad osservare nello svolgimento della sua attività, non si può automaticamente imputare al sindaco e agli assessori di un Comune, ancorché di modeste dimensioni, qualsiasi violazione di norme sanzionata in via amministrativa, verificatasi nell’ambito di attività dell’ente territoriale (o, nel caso degli assessori, nell’ambito del settore di attività di loro competenza), allorché sussista una apposita articolazione burocratica preposta allo svolgimento dell’attività medesima, con relativo dirigente dotato di autonomia decisionale e di spesa. Una responsabilità dell’organo politico di vertice è configurabile solo in presenza di specifiche situazioni, correlate alle attribuzioni proprie di tale organo, e cioè quando si sia al cospetto di violazioni derivanti da carenze di ordine strutturale, riconducibili all’esercizio dei poteri di indirizzo e di programmazione, ovvero quando l’organo politico sia stato specificamente sollecitato ad intervenire, ovvero ancora quando sia stato a conoscenza della situazione antigiuridica derivante dalle inadempienze dell’apparato competente, e abbia cionondimeno omesso di attivarsi, con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto il sindaco di un piccolo Comune responsabile dell’avvenuto superamento dei limiti di accettabilità dei reflui di tre impianti di trattamento delle acque, senza verificare se i poteri decisionali relativi a tali impianti fossero stati validamente attribuiti ad organi burocratici).
Ed ancora Cassazione Sez. 2 – , Ordinanza n. 19751 del 20/06/2022 per la quale
In tema di riparto della responsabilità di ordine sanzionatorio-amministrativo tra organi elettivi e burocratici di un ente pubblico territoriale, ai sensi della l. n. 689 del 1981, la responsabilità dell’organo apicale rappresentativo sussiste solo qualora non sia individuabile all’interno dell’ente un’apposita articolazione burocratica preposta allo svolgimento dell’attività medesima, con relativo dirigente dotato di autonomia decisionale e di spesa. (In applicazione di detto principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata per avere ritenuto la responsabilità del Sindaco in un caso di scarico di liquami priva di rinnovo provinciale di autorizzazione, pur sussistendo nell’ambito della stessa amministrazione comunale un’apposita articolazione burocratica preposta allo svolgimento di questo tipo di compito, dotata di autonomia decisionale e di spesa)
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